La pelle nera

Tratto da

NoBorders Firenze

 

L’ondata di razzismo che sta travolgendo l’Italia non reca i suoi crismi più preoccupanti tanto nell’aumento delle aggressioni a sfondo razziale o nelle chiacchiere da bar o da social network, che quasi sempre riconoscono nell’immigrato, nel diverso, l’origine ontologica di tutti i mali sociali, quanto nell’indifferenza stessa con cui questi fatti vengono accolti, anche da parte di chi razzista non è. Questo razzismo di rimbalzo è stato costruito ad arte dai maghi dei media e dell’informazione, solo apparentemente gretta e facilona, in realtà ben conscia di cosa vuol far pensare alle soggettività a cui si riferisce. Il clima preolocaustico che si respira rende quasi normale accettare il fatto che a pagare siano sempre le vittime, veri e propri agnelli espiatori, puniti in quanto innocenti, per poter alimentare l’odio senza amore su cui si regge il fragile equilibrio dell’ordinamento sociale odierno. Non ci si accorge più, giungendo nello specifico, che misure catastrofiste come il decreto “sicurezza e immigrazione” non fanno che alimentare la stessa devastazione sociale che pretenderebbero di risolvere e, ciò che è peggio, che lo fanno volontariamente, per poter creare le condizioni indispensabili per la riproduzione di quel potere che tanto a lungo hanno agognato. Davanti a quello che probabilmente è il tentativo più esplicito degli ultimi 70 anni di restaurare una nuova forma di fascismo in Italia, le reazioni sono blande e disinteressate, nemmeno paragonabili all’indignazione moralista che sollevavano le veline di Berlusconi, quasi che anche gli individui più attenti e sensibili a questi cambiamenti si siano arresi all’impossibilità di qualsivoglia intervento politico e, ritirati in accoglienti eremi, non facciano che attendere l’ormai improcrastinabile Apocalisse. In questa attenta gestione della sconfitta esiste però una classe di soggetti che non può rientrare nel patto sociale, nemmeno firmando al ribasso, per il semplice motivo che da questo patto è sempre rimasta esclusa, nonostante gli innumerevoli tentativi della Sinistra di accoglierli sotto il tavolo dei padroni per potersi dotare dei propri schiavetti di riserva; questa classe è la classe dei migranti. Se questa definizione di classe per le soggettività migranti sia esatta o no è questione poco interessante; se è la lotta di classe a costruire la classe, nessuno potrà negare che una lotta di classe è in atto, almeno da parte dello Stato nei loro confronti. La sfida sta ora nel ribaltare il tavolo. Se il fallimento del tentativo di assimilazione nella società capitalista porta con sé qualcosa di positivo, è la certezza che l’unica strada da poter percorrere per arrivare al riscatto è quella del conflitto. La condizione insostenibile di chi ogni giorno capisce cosa significa avere la pelle nera, oggi, in Occidente, cesserà solo quando questi oppressi si riconosceranno a vicenda al di là della pura e semplice solidarietà umana arrivando ad un’organizzazione di tipo politico. In questo contesto, il compito di chi odia le frontiere e le limitazioni alla libertà è di schierarsi al fianco di questi soggetti, portando le proprie esperienze e i propri saperi, non vergognandosi del proprio privilegio ma mettendolo in discussione nella materialità della lotta. Cortei e comunicati non sposteranno di una virgola il rapporto di forze in una battaglia di opinione che si svolge su un terreno ormai troppo impari, in quanto scelto dal nemico. La costruzione di una forza che vada a contrastare gli abusi e i soprusi di chi traccia linee sul terreno e ne sancisce l’inattraversabilità è ciò che ora bisogna conseguire. L’accusa di assistenzialismo in tempi di guerra va così riformulata: nemico sarà chi dipinge il migrante come soggetto debole, incapace di organizzarsi e di auto-governarsi; la volontà di chi invece è spinto da sentimenti pietistici all’assistenza va convogliata nella costruzione di meccanismi autonomi di solidarietà. A Firenze, città che vanta il triste primato di tre omicidi con motivazioni razziali negli ultimi 10 anni, da mesi è in corso una mobilitazione di chi, ospite nelle strutture di accoglienza, si è ritrovato imposto un assurdo coprifuoco. Partecipare a questa lotta, fomentare l’odio per gli oppressori che nasce dall’amore per gli oppressi, è condizione indispensabile per non rendere la parola antirazzismo vuota e priva di significato.

                 NoBorders Firenze  –  21 Gennaio 2019

Julkaissut NoBorders Firenze Maanantaina 21. tammikuuta 2019