Comportamenti giovanili

Definizione di giovane

Si vuole dare una definizione politica e non biologica del termine: la definizione che viene proposta dal capitalismo e quella che secondo una diversa visione del mondo, vorremmo dare noi. Siamo abituati a dare un limite alla giovinezza, come se le nostre caratteristiche fisiche fossero in continuità con la mentalità e l’attitudine a certe pratiche piuttosto che ad altre. Mettiamo da parte la definizione biologica e capiamo piuttosto quale significato dare alla giovinezza come modus operandi, come stile di vita all’interno di un circuito che si muove nella stessa direzione. Si è evidenziato come spesso la definizione di giovane ne sia il nemico stesso, poiché lo si inquadra come individuo privo di responsabilità e disobbediente alle regole della civiltà, quando in realtà ne dovrebbe essere il cuore pulsante, rinnovandola di generazione in generazione. La fase giovanile è infatti ritenuta dalla grande fabbrica sociale come fase di inquadramento all’interno del sistema lavorativo e ne abbiamo un esempio evidente con l’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro all’interno delle scuole: il giovane è considerato come un adulto in potenza, non come individuo con le proprie specificità e le proprie esigenze; il giovane è sempre in deficit di esperienza, lavoro e conoscenze per affrontare la realtà esterna. Ma sono i giovani a non adeguarsi alla realtà circostante o è il sistema lavorativo che incontriamo a non adattarsi a noi? Definire in questo modo la componente giovanile significa non ragionare a comparti stagni, ma avere una visione più ampia e completa, così da evidenziare la continuità fra dinamiche familiari, scolastiche, lavorative e sociali.

Ruolo politico dei giovani

In un mondo organizzato sulla base della gerarchizzazione, dell’individualismo e del consumismo che non rispecchia le esigenze umane, risolvibili piuttosto con la collaborazione, l’età giovanile, essendo in sé fase di cambiamenti e scelte, è la più instabile e per questo la più pericolosa per chiunque voglia inquadrarla su di un unico binario di pensiero . Questo lo sa bene chi tiene le redini del gioco. Il lavoro peggiore è stato fatto negli ultimi anni attaccando la componente giovanile su vari fronti, distruggendo qualsiasi volontà di ribellione e organizzazione, privandola di spazi e mezzi, precarizzando ulteriormente il lavoro, lasciando cadere letteralmente a pezzi le scuole pubbliche, limitando la didattica che ci piace, quella del confronto e del dibattito, dell’esperienza diretta nei laboratori; legalizzando il lavoro minorile gratuito e attaccando tutti a dispositivi digitali di cui spesso non conosciamo il funzionamento, i rischi e le potenzialità. Come già accennato il ruolo dei giovani, biologicamente e storicamente parlando, dovrebbe essere quello di rinnovarsi trovando nuove idee e nuove strategie per vivere meglio in comune, piuttosto che far prolificare un individualismo religioso e autodistruttivo. Troviamo scontri generazionali indotti, come quelli stabiliti dal sistema lavorativo: si distingue la popolazione in chi è produttivo e chi non lo è, in chi può essere spremuto fino all’osso e chi potrà godere di una morte più lenta e naturale. La politica odierna punta sulle differenze da essa stessa create per diffondere la sua propaganda e proclamare grandi riforme che generalmente non accontentano nessuna parte, se non quella dei privilegiati. Tutto funziona e si regge sulla legge del più forte: più sei disposto a perdere in rapporti, tempo ed energie, più sarai ricompensato. Questo meccanismo genera un arrivismo che deteriora ulteriormente i rapporti con i pari e li obbliga alla competizione più becera per la sopravvivenza.

Reazione alla repressione

I giovani sentono il clima di tensione che li circonda in modo diretto e indiretto da parte della famiglia, dalla politica e dall’ambiente che li circonda; sono consapevoli che i loro desideri, indotti e non, saranno spesso difficili da realizzare. Questa consapevolezza può portare un giovane da una parte nel mercato illegale o ad ambizioni di potere personale, dall’altra nello sconforto e nell’apatia totale. La scarsa fiducia in sé e negli altri come in qualsiasi tipo di organizzazione orizzontale deriva forse in parte da questo disagio, in un periodo in cui il significato stesso di politica è modificato dall’unico metodo organizzativo centralista, gerarchico, istituzionale conosciuto, disperdendo le pratiche assembleari: è noto come le assemblee di istituto all’interno delle scuole, nate perché gli studenti avessero un loro momento di confronto e organizzazione, siano diventate momenti privi di contenuti e poco coinvolgenti; questo dove la pratica assembleare è ancora concessa: migliaia di studenti in Italia ci rinunciano, trattano per averla o la scambiano per un giorno in più di autogestione. Quest’ultima è passata dall’essere l’unico vero momento in cui gli studenti prendevano parte attiva nella scelta della propria formazione, all’essere sostituita dalla settimana di alternanza, usata per smaltire il maggior numero di ore lavorative in breve tempo. Tutto si traduce in una passività totale e in un meccanismo di delega verso qualunque situazione . La sensazione di solitudine è totalizzante e interiorizzata, per cui la nascita di una scuola “depressa” diventa inevitabile.

Tendenze politiche giovanili

Riteniamo che le tendenze derivino in gran parte dall’influenza dei media e di tutti quei mezzi in mano alla propaganda. La sfiducia generale e la sensazione di impotenza, data da una politica istituzionale completamente spostata a destra, colpevole di aver creato un esergito di disoccupati e 5 milioni di persone in stato di povertà assoluta (2017), dà largo al “laissez-faire” di chi non può materialmente permettersi di organizzarsi in altre forme a causa delle sue condizioni e/o non conosce altra vita rispetto a quella che gli è stata imposta e di chi spera ancora in un miracolato che ci salverà tutti moltiplicando banconote. È bene specificare questa condizione generale perché spesso l’influenza maggiore la si riceve dall’ambiente familiare e così troviamo ragazz* che inneggiano a Salvini o peggio al fascismo, nella totale ignoranza di cosa il fascismo sia, spesso con accanto l’amico di origini senegalesi. L’ignoranza è ciò che serve al capitalismo per creare giovani ubbidienti e inconsapevoli, incapaci di leggere un contratto di lavoro o un articolo, né di criticare le autorità e agire contro di esse,o giovani che sfogano la loro rabbia verso chiunque senza un indirizzo chiaro e preciso. D’altra parte in alcuni licei si dà enorme importanza all’istituzione sinistroide borghese (PD, Liberi e Uguali,..), vista come l’unica possibilità di ostacolare l’avanzata della destra; probabilmente qui entra in gioco una qualche memoria storica dell’esistenza di una sinistra istituzionale che non ha riscontri nella realtà. A proposito di memoria storica le nuove generazioni post-Onda non sono informate sulle pratiche di autogestione e organizzazione orizzontale, né hanno un esempio forte di collaborazione e scontro che dia la certezza che mobilitarsi è l’unico modo per combattere l’oppressione; per questo è sempre necessario che un movimento popolare sia visibile sul territorio e collabori con diversi soggetti sociali, mostrando come la lotta, se condivisa, possa portare risultati per tutti. Infine una quarta componente la possiamo riscontrare in chi è affine alle idee di autogestione e lotta, ma vive sopraffatto da questo clima depressivo, chiudendosi in piccoli gruppi, o nella maggior parte dei casi costringendosi nell’isolamento e nella solitudine, lontano da qualsiasi cosa possa turbare il proprio ordine interno.

Rapporto fra potere e cambiamenti sociali

Oggi in Italia come in altre parti del mondo lo scontro generazionale avviene fra giovane e politica: chi ha fra i 13 e i 30 anni appartiene a quelle generazioni che hanno conosciuto non solo per la prima volta in Italia una vera e propria multiculturalità, grazie alle migrazioni degli ultimi anni, ma anche un’attitudine alla tecnologia che ha sconvolto totalmente il nostro modo di vivere assieme e comunicare. Dato ciò mal si adegua ai giovani di oggi la politica populista di destra, poiché non corrisponde ai reali rapporti umani che si stabiliscono nel corso della vita all’interno delle scuole, nelle strade e negli ambienti di lavoro; lo stesso stimolo viene dato dalle nuove tecnologie e dalle nuove frontiere che essa apre, in pieno contrasto con la chiusura di esse in tutto il settentrione del mondo. Quello che vogliamo dire è che spesso e volentieri i giovani sono portati a ragionare in modo diverso dalle istituzioni, ma quasi mai se ne rendono conto. Nemmeno si rendono conto dell’enorme potenzialità che queste due rivoluzioni della comunicazione e di conseguenza dei rapporti hanno generato nel nostro modo di vivere le relazioni e le informazioni. Riteniamo che questi siano dei grossi punti di forza che ci danno la speranza che imparando ad utilizzare a nostro favore i cambiamenti che avvengono, ci saranno buone ripercussioni sull’esterno, piuttosto che lasciarli nelle mani del capitalismo che come sempre li strumentalizza per creare maggior controllo, vittime e potere.

Luoghi, tecnologie, socialità

Abbiamo già accennato ai luoghi, parlando della situazione nelle scuole, ma dove si incontrano realmente i giovani? Quali sono gli spazi che li attirano? Che tipo di rapporti si creano all’interno di questi spazi? È evidente che il mezzo più utilizzato per comunicare è la tecnologia, fra cui social network, email, blog, etc. Questi strumenti digitali hanno in sé una valenza positiva e negativa: da una parte rappresentano uno strumento di controllo, poiché qualunque contenuto noi inseriamo all’interno del nostro pc finisce all’interno di un grande contenitore (Whatsapp,..) in mano ai pochi fisici gestori e al contempo può diventare mezzo di sfogo e distrazione dalle proprie prolematiche. D’altra parte tanti compagni che si interessano di hacking hanno le conoscenze per far sì che si usino sempre meno software controllati da superpotenze capitalistiche e si aprano piuttosto le frontiere della vera libera condivisione digitale. La liberazione dal controllo digitale deve essere compresa e praticata dai compagni e condiviso in larga scala con la speranza che diventi un mezzo per farci comprendere dai giovani. Tutti noi abbiamo la necessità di esprimere noi stessi e condividere i nostri pensieri; dove ciò non è possibile nel mondo reale, lo si fa in una dimensione altra, metafisica e digitale. Il social network non sostituisce solo la semplice conversazione, ma stravolge l’immaginario di noi stessi che vogliamo dare al mondo: dove sta la coerenza nel presentarsi in un modo e comportarsi nell’opposto? Quanto tempo è sprecato nel rincitrullirsi il cervello davanti al possibile giudizio negativo o positivo di qualcuno che nemmeno si conosce? Come è possibile distinguere il vero dal falso se tutto potrebbe essere sia l’uno che l’altro?

Altro luogo e mezzo sempre presente fra i giovani per socializzare sono chiaramente le droghe: aumenta la varietà e diventano più convenienti per i giovani le droghe pesanti rispetto a quelle leggere; la disinformazione e la curiosità spesso portano ad approcciarsi senza essere ben consapevoli di ciò che si assume. Inoltre il terrorismo poliziesco nei confronti di chi assume droghe, leggere o pesanti che siano, pesa soprattutto su chi è più giovane e inesperto, con l’obiettivo di creare un clima di paura che non aiuta né chi delle droghe vuole fare un uso consapevole, né chi della droga vorrebbe e dovrebbe disfarsene per sempre. Pensiamo sia necessario come compagni capire l’importanza di questo mezzo per comunicare e diffondere informazioni che aiutino a gestire e assumere meglio qualsiasi sostanza.

Poiché le nuove generazioni mostrano di essere sempre più aperte verso la molteplicità dei gender, frutto di una lunga rivoluzione sessuale che continua, ma che viene costantemente minacciata, riteniamo sia fondamentale portare avanti lotte riguardanti la sessualità, la contraccezione, la parità dei sessi, la libertà nei rapporti, come eliminare la violenza fisica e psicologica ed evitare malattie sessualmente trasmissibili. Deve essere una lotta centrale, in quanto riguarda nel modo più intimo l’individuo, la sua possibilità di esprimersi, lavorare e vivere senza essere discriminato né dal più semplice passante, né dalle istituzioni.

Ogni epoca storica è stata caratterizzata da una cultura popolare che ha favorito la socializzazione diretta, organizzata o disorganizzata, di giovani, che ha coinciso con una determinata fase storica. Una componente giovanile che genera nuova arte, lanciando messaggi di rottura nei confronti dell’esterno rafforza un movimento che cerca di organizzarsi per combattere l’esistente e crearne uno migliore. Guardando all’oggi dovremmo interrogarci su quali siano le correnti giovanili che nascono dal basso e dargli una connotazione che non sia solo ludica, ma anche e soprattutto politica. Sono ovviamente diversi i generi e i contesti d’interesse, dal rave alla jam; l’importante filo rosso che li lega deve essere la capacità di esprimere il disagio, la rabbia, la volontà di rivalsa di un’intera generazione, valorizzandone gli aspetti positivi di integrazione, unità e libertà di scelta e di movimento.